Emiliano Marsili: “Io, la boxe la mia Roma”

La sua vita è diventata un film. “Tizzo – Storia di un grande campione”, presentato sabato sera all’Auditorium durante la festa del cinema. “Tizzo”, soprannome che deriva dal suo lavoro nel porto di Civitavecchia, da cui usciva nero come un tizzo… lui è Emiliano Marsili, pugile classe 1976, che il giorno dopo una serata da romanisti, perché “lì in sala, mentre parlavamo del film, il gol di El Shaarawy ci ha fatto tirare un sospiro di sollievo”, ci racconta la sua vita e la sua carriera.

Emiliano, quando hai iniziato con la boxe?

“A 16 anni. Da dilettante sono andato molto bene. Sono un po’ calato dopo la morte del mio allenatore, poi mi sono ripreso piano piano e a 27 anni sono passato professionista. A 30 anni ho disputato il primo match per il titolo italiano, a Grosseto contro un pugile toscano e posso dire senza problemi che fu un furto. Dovevo vincerlo io ma mi diederlo il pareggio. Di fronte alla tv… Ho covato la rabbia per 3 anni e a 33 anni finalmente sono tornato a combattere per il titolo italiano dei pesi leggeri e ho vinto”.

Poi sei diventato anche campione mondiale ed europeo.

“Sì, grandi soddisfazioni. Anche se il titolo mondiale mi creò dei problemi burocratici, perché si trattava di una sigla non riconosciuta dalla federazione. Ho battuto Derry Matthews, che era stato anche campione Wba. Ho difeso cinque volte il titolo europeo, vinto il mondiale silver Wbc a Fiumicino e il titolo intercontinentale Wba”.

E a 41 anni non vuoi fermarti.

A dicembre combatterò per Mondiale Wbc, il titolo della pace. E’ un’invenzione del presidente della Wbc, che ha anche una scuola in Vaticano e vuole aiutare le persone disagiate. Voglio vincerlo e poi disputare un Mondiale negli USA, chiudendo la carriera da imbattuto. A quel punto mi riterrò appagato”.

Quanto è grande la passione per la boxe?

“Il pugilato ti insegna la lealtà, la determinazione e l’onestà. Sono cose che ti ritroverai e che dovrebbero far parte della vita di tutti. Il pugilato ti rende una persona migliore. Ne sono innamorato. Rifarei da capo tutto ciò che ho fatto finora. Amo questa disciplina, anche se economicamente rende pochissimo. Sono fortunato perché riesco a mantenermi lavorando nel porto di Civitavecchia e riesco a fare entrambe le cose. Ma amo i sacrifici. E le soddisfazioni. I momenti in cui tocchi con mano che ne è valsa la pena”.

Cosa ti senti di poter dare ancora alla boxe?

“Spero tanto di riuscire a fare qualcosa per rilanciare questo sport. In palestra vengono tanti ragazzi, il problema è far riconquistare spazio nelle tv e nelle grandi testate giornalistiche. E’ un’operazione che gli inglesi stanno facendo benissimo”.

Quante volte hai pensato di smettere?

“Capita spessissimo. Anzi, in ogni preparazione. C’è sempre il momento in cui pensi ma chi me lo fa fare, basta, lascio perdere… Ma ho persone vicine preziosissime, la famiglia, il mio team e gli amici. Tra cui Federico Zampaglione, mio amico e fan. E’ appassionato di pugilato, capisce le dinamiche, mi consiglia e mi segue sempre. Ci alleniamo anche insieme. La canzone “Molo 4” me l’ha cantata in diretta a Fiumicino. Fa parte della colonna sonora del film”.

E anche lui è molto romanista…

“Tantissimo. Parliamo spesso della Roma. Mi è capitato anche di conoscere Pallotta quando ho avuto la possibilità di andare in tribuna d’onore. A una premiazione ho conosciuto El Shaarawy. Purtroppo non ho mai conosciuto Totti. Mi piacerebbe tanto averlo a bordo ring per il mio Mondiale della pace. Mi sono immedesimato molto nei suoi ultimi momenti di carriera agonistica, visto che siamo entrambi del ’76”.

Nasce prima la passione per la Roma o quella per il pugilato?

“Prima il pugilato, ce l’ho da sempre. Quella per la Roma è arrivata verso i 14-15 anni e non mi ha abbandonato più. Ce l’ho nel cuore. Mi regala emozioni simili a quelle che provo quando pratico il mio sport. E quest’anno è proprio una bella squadra. Penso che arriveremo nei primi tre posti e ci qualificheremo ancora per la Champions League. Ma non mi spingo in ulteriori pronostici…”

Diamo l’appuntamento ai romanisti al Mondiale della pace allora?

“Certamente. Spero tanto che si possa fare a Roma, anche se probabilmente si disputerò a Firenze. Ci tengo anche a ringraziare il presidente del Coni Malagò, il mio manager Cherchi, la Federazione e il ministro Lotti, un personaggio soprendente in positivo, perché ha a cuore tutti gli sport, non pensa solo al calcio. Dico a tutti di venirmi a vedere perché è l’occasione di vedere uno sport avvincente. Credo molto nelle emozioni che può regalare questo sport, che va sostenuto. Prima ancora di tifare per me, come spero. Sarà un grande incontro.

E perché venire a vedere il tuo film, invece?

“Perché racconta una storia vera. Una storia sentita. Vissuta sulla mia pelle. Si vedono le difficoltà di un pugile che non molla e va avanti, i sacrifici che si fanno solo per passione e senza alcun ritorno economico”.

(Da Il Romanista, 31 ottobre 2017)

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