Maratona di Rieti 2017

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img_5406Non esiste il tempo brutto, ma solo l’abbigliamento sbagliato. Pare che dicano così in Norvegia, pare che non lo dicano solo in Norvegia. Artico, era definito il vento che ha raffreddato tutta l’Italia in questi giorni e in effetti il clima a Rieti era quello annunciato. Meno 7 gradi alla partenza della maratona del buon anno, 7 gennaio 2017. Era l’occasione per recuperare quella del 30 ottobre, annullata causa terremoto. Dimenticavo: durante il viaggio d’andata il termometro della macchina è arrivato anche a meno 10. Ma era sicuramente rotto. Sembrava dire “Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate”. Ma siamo entrati lo stesso e addirittura scesi dalla macchina. No, il termometro non era rotto. L’abbigliamento, si diceva: non calze, mutande, vestaglione di flanella, birra gelata e rutto libero, ma pantaloni lunghi tecnici, maglia termica da sci, giacca altrettanto termica da corsa, guanti da sci di fondo, scaldacollo, cappello da alpinista, bottiglietta d’acqua gelata e tutto libero. Sì, mi ci sentivo, anche se non avevo mai corso bardato così. Però è anche vero che non avevo mai corso con un tale freddo. img_5401

La maratona del buon anno prevede un tratto da 2.5 chilometri e poi si corre in circolo (polare artico). Per quattro volte, ogni giro è da 10, dato che ci sono traguardi intermedi a 12.5 km, 22.5 km e 32.5 km. Il brutto in questi casi, quando sei quello che il traguardo ce l’ha a 42.195 km, è che nella prima parte non sai mai se chi ti sta avanti, dietro o accanto ha di fronte a sé i tuoi stessi km oppure molti di meno… Ma ci arriveremo. Solo che prima di arrivare bisogna partire e la cosa non è scontata. La partenza infatti è prevista davanti all’Hotel Serena, a qualche centinaio di metri dallo stadio Guidobaldi (quello del meeting IAAF). Invece a un certo punto si sparge la voce che sarà davanti allo stadio. Meno male che ho intercettato la voce, altrimenti mi sarei ritrovato da solo alla partenza, quindi avrei pensato di poter arrivare sia primo sia ultimo. “Tanto i chilometri sono gli stessi”, dicono al megafono. Se lo dite voi. La linea di partenza? Non c’è. Tanto i chilometri sono gli stessi, no?

copia-di-20170107_095409Ci vogliono circa tre chilometri per sbrinarsi (di solito si dice “scaldarsi”, ma mi pare eccessivo) e ritrovarsi insieme a un po’ di gente che va alla mia stessa andatura ma che non so a quale gara sia iscritta. Il tizio che sta in testa al gruppo, e che sembra il più forte di tutti, prende la parola e lo chiede. “Io la 22”, dice una ragazza. “Anche io”, dice il capo gruppo. E poi aggiunge: “Ho fatto 3 ore a New York e 3h01′ a Berlino”. E chi te l’ha chiesto? Io comunque a Berlino ho fatto 2h59’18”, tiè. Parlano anche gli altri. “Io la 32”. “Io la 12”, sono le risposte che si sentono. Solo uno sta zitto, cioè io, e riceve una pacca sulla spalla da quello dietro. Il gruppo va a un buon ritmo, meglio comunque seguirlo perché si farebbe molta più fatica a stare da soli anche se a un ritmo leggermente più basso. Peraltro si scopre che il giro prevede almeno 3.5 km di vento contro e non è che gli altri 6.5 siano tutti col vento a favore (che comunque non compensa mai quanto si perde col vento contro).img_5414

Ci stringiamo, ci alterniamo non solo in testa al gruppo, ma anche nelle posizioni ai lati della strada, perché bisogna ripararsi anche dal vento laterale. Nel secondo giro nessuno parla più delle imprese precedenti, in generale si parla sempre meno anche perché il vento contro è sempre più forte. E influisce, inutile dire in quale modo, sulla temperatura percepita. Nel frattempo, mi hanno scorto nel gruppo: “Dai, che sei quarto!”. Nota non banale, i primi 5 portano a casa il prosciutto. Lo avevo vinto anche l’anno scorso, ma lo davano anche ai primi 5 di categoria, stavolta solo ai primi 5 assoluti. Ma questa è una cosa che in effetti avrebbe potuto dire il capogruppo, quindi meglio concentrarsi sui rifornimenti (l’acqua è freddissima, viene il dubbio che l’abbiano presa dalla fontanella ghiacciata) e scacciare il primo pensiero. “Bè, però posso ancora farmi superare da uno e vincere lo stesso il prosciutto”.

img_5407Non funziona. Sia perché se qualcuno mi superasse comunque non saprei a quale gara partecipa e non è che potrei chiedergli: “Scusa, mi fai vedere il pettorale, così capisco se posso lasciarti andare oppure no?”. Sia perché se non vuoi farti raggiungere dal quinto, la cosa migliore è guardare il terzo. Mi vengono in aiuto al km 22.5, quando peraltro quasi tutto il gruppo si ferma (il capogruppo ci ha tenuto a scattare nell’ultimo km, per arrivare primo tra noi 7). “Vai Luca! Sei ancora quarto e sei a meno di un minuto dal terzo!”. Uno degli altri due superstiti del gruppo si gira verso di me e mi fa: “Dai Luca, ti aiutiamo noi a riprenderlo!”. Forse si e mi sopravvaluta. L’altro di sicuro si sottovaluta: “No, Jacopo, mi sa che è lui che aiuta noi”. Grazie per la stima. Il terzo giro era quello che temevo di più. E invece, grazie a Jacopo e l’altro amico di cui non ricordo il nome, e che per convenzione chiameremo altro amico, è il più bello. Ci accorgiamo subito che il vento contro è sempre più forte e ci aiutiamo a vicenda. La tecnica è quella del gruppo, alternarsi sia davanti sia di lato, per provare a difendersi e difendere gli altri dal vento. Quelli che stanno davanti sfondano il vento come a…rieti. Ci si aiuta anche ai ristori, così nessuno resta indietro. “Dai che è fatta!” dice l’altro amico al km 28. “Non cantare vittoria” risponde Jacopo che si ricorda di una img_5424curva a gomito che ci costringerà a fare altri 400 metri col vento contro. Poi fino al 32.5 è un po’ più semplice, nei limiti di come può esserlo dopo aver fatto quasi 4 km col vento contro, avendone già più di 20 nelle gambe. E tutto ciò inizia a farsi sentire, anche se il tempo è ancora ottimo. Più veloce dei passaggi di Berlino dove, caro capogruppo che oggi ti sei fermato dopo 22.5 km, sono andato più forte di te. Ma il capogruppo starà già sotto la doccia, dove tra poco andranno anche Jacopo e altro amico. “Ma che mi lasciate solo?” “Eh sì, ho il treno che parte”. “Io ho un pranzo”. Vabbè, vi perdono perché siete stati di grande aiuto. “Dai Luca!” mi urlano prima di fermarsi. E non solo loro. “Dai, sei sempre a un minuto dal terzo!”

copia-di-20170107_125551Lo vedo, il terzo. E’ uno con una maglia blu ed è l’unico al quale non mi avvicino mai. Già, perché temevo di restare solo, ma per fortuna ci sono i doppiati che ancora devono finire la gara da 32.5 km che ogni tanto si fanno superare. Però nel tratto col vento contro sto da solo, stavolta. E il vento è ancora più forte del terzo giro, quando era più forte del secondo, quando era più forte del primo. E’ peggio che correre in salita. Jacopo e altro amico, mi mancate. Capogruppo, mi manchi perfino tu. Il km 37 non finisce mai, lo faccio in 5 minuti, l’idea di fare meglio di Berlino se ne va, il vento ancora no. C’è ancora la curva a gomito e i 400 metri già descritti. Ma, per quanto già descritti e già visti, mi sembrano 4000. Però finiscono anche loro, restano 4 chilometri, che col vento a favore sono più veloci dei precedenti 4, ma mi sembrano lunghi allo stesso modo.

I ristori da tempo non solo non li prendo più, ma neanche li vedo. Nello spogliatoio scoprirò di avere copia-di-img-20170107-wa0003anche rimediato tre vesciche, ma il freddo fa sì che non me ne accorga. Supero altri doppiati, non vengo superato, arrivo all’ultimo rettilineo e penso di essere quarto. “Sei terzo!”, mi dicono. “Il secondo è scoppiato”. “Arriva Luca Pelosi, quarto classificato!” dice lo speaker. Che poi verificherà che il secondo al km 32.5 era passato con 6 minuti di ritardo rispetto al primo. All’arrivo risulta avere solo 50 secondi di ritardo, ma magari è stato così bravo da recuperare più di 5 minuti negli ultimi 10 chilometri. Meglio tornare a noi. Il prosciutto c’è, il tempo finale è di 3h00’58”. Senza i 14 km di vento contro sarebbe stato primato personale? Probabilmente sì. Ma di fronte al tempo non ci puoi fare niente. Anzi sì, indossare l’abbigliamento giusto e scoprire che puoi tornare contento sia dall’organizzazione perfetta e dal tempo, atmosferico e cronometrico, perfetto di Berlino, sia dal caos e dal tempo, atmosferico e cronometrico, imperfetto di Rieti.

Ma dove lo trovate un altro sport così?

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MARATONA DI RIETI 2017

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